sabato 17 marzo 2012

Corte di Giustizia comuntaria - Causa C-135: un breve commento.


La terza sezione della Corte di Giustizia Ce ha pronunziato la sentenza 15.3.2012 nella causa C-135/10 tra Società Consortile Fonografici (SCF) v.  Marco Del Corso.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 8, paragrafo 2 direttiva 92/100/CEE del Consiglio, del 19.11.1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61), e dell’art.3 direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22.5.2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10).
Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra la Società Consortile Fonografici (SCF) e il sig. Del Corso, dottore in chirurgia dentistica, relativamente alla radiodiffusione, nello studio dentistico privato del medesimo, di fonogrammi oggetto di protezione.
Secondo il parere di chi scrive questa nota, la sentenza assume rilevanza nel merito per quanto riguarda sia i dentisti che per esteso per quanto concerne gli studi professionali..
Le disposizioni normative su cui verte la causa sono quelli inerenti i concetti di “comunicazione al pubblico” e il relativo diritto a un equo compenso per la radiodiffusione e la comunicazione al pubblico e dei “fini commerciali”del fonogramma in tal modo eseguito.
Per quanto di nostra competenza, la difesa del convenuto obiettava l’inapplicabilità al caso specifico degli artt.73 e 73 bis lda, in quanto riferibili alle comunicazioni al pubblico avvenute nei pubblici esercizi e in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione di fonogrammi. Orbene, a differenza degli ambulatori del servizio sanitario pubblico, uno studio dentistico privato non può essere qualificato come esercizio pubblico.
Inoltre il giudice nazionale (Tribunale di Torino) con ordinanza 16.5.2008 e sentenza 20.3.2008 rigettava la domanda attrice,  ritenendo che, nella fattispecie, fosse esclusa la comunicazione a scopo di lucro, che il tipo di musica diffusa nello studio fosse totalmente irrilevante nella scelta operata dal paziente e che la situazione non rientrasse fra quelle ipotizzate dall’art.73 bis lda, in quanto lo studio medico dentistico era privato e come tale non assimilabile ad un luogo pubblico o aperto al pubblico, atteso che i pazienti non costituivano un pubblico indifferenziato, ma erano singolarmente individuati e potevano accedervi normalmente previo appuntamento e, comunque, su consenso dell’odontoiatra.
Nell’appello dell’attrice veniva sostenuto che sussistono dubbi riguardo alla circostanza se la diffusione di fonogrammi all’interno di studi di liberi professionisti, come quelli dentistici, sia inclusa nella nozione di «comunicazione al pubblico», la Corte d’appello di Torino ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di Giustizia Ce, - per ciò che ci concerne - le questioni pregiudiziali in ordine alla diretta applicabilità nell’ordinamento comunitario della  convenzione di Roma, dell’Accordo TRIPs e del Trattato [WPPT] e quindi siano immediatamente precettive nei rapporti privati perché coincidenti o meno con  la nozione di “comunicazione al pubblico” con  le direttive [92/100] e [2001/29], e in caso negativo quale fonte debba prevalere.   Inoltre se la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di studi odontoiatrici privati esercenti attività economica di tipo libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà, costituisca “comunicazione al pubblico”, ovvero “messa a disposizione del pubblico” ai fini dell’applicazione dell’art.3 paragrafo 2, lett. b) direttiva [2001/29] e infine se tale attività di diffusione dia diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici».
Il Giudice comunitario ha ricordato che l’Accordo TRIPs e il WPPT sono stati sottoscritti a livello comunitario ed approvati con le decisioni 94/800 e 2000/278, vincolando le istituzioni comunitarie e gli Stati membri, come da costante giurisprudenza della Corte, (30.4.1974, Haegeman, 181/73, Racc. pag. 449, punto 5; 30.9.1987, Demirel, 12/86, Racc. pag. 3719, punto 7, e 22.10.2009, Bogiatzi, C‑301/08, Racc. pag. I‑10185, punto 23) e sono pertanto applicabili nel suo ambito.   Ciò non vale per le disposizioni della Convenzione di Roma, che quindi non formano parte dell’ordinamento giuridico comunitario.
Relativamente alla questione concernente alla possibilità per i privati di avvalersi in modo immediato delle disposizioni dell’Accordo TRIPs e del WPPT, , non è sufficiente che le disposizioni in parola facciano parte dell’ordinamento giuridico comunitario, ma occorre che esse appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise e allorché non siano subordinate, nel loro adempimento o nei loro effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore.   Ulteriormente, gli accordi TRIPs non hanno efficacia diretta e non sono idonee a creare in capo ai privati diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto comunitario, perché con riferimento al WPPT è necessario osservare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, esso prevede che le parti contraenti si impegnano ad adottare, conformemente alla propria legislazione, i provvedimenti necessari per l’applicazione del trattato stesso, pertanto non sono idonee a creare in capo ai privati diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi di tale ordinamento giuridico.
Riguardo alla questione relativa ai rapporti fra le nozioni di «comunicazione al pubblico» presenti, da un lato, nell’Accordo TRIPs, nel WPPT e nella Convenzione di Roma nonché, dall’altro, nelle direttive 92/100 e 2001/29, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in particolare quando tali testi siano diretti, precisamente, ad eseguire un accordo internazionale concluso dalla Comunità.
Venendo al punto che ci interessa, occorre osservare che non si tratta di trasmissione interattiva on-demand e neppure a fini commerciali, tanto meno in cambio del pagamento di un biglietto d’ingresso da parte dei suoi pazienti.  Riguardo all’importanza del numero delle persone per le quali il dentista rende udibile il fonogramma diffuso, si deve constatare che, trattandosi dei clienti di un dentista, tale pluralità di persone insignificante, dal momento che l’insieme di persone simultaneamente presenti nel suo studio è, in generale, alquanto ristretto. Inoltre, benché i clienti si succedano, ciò non toglie che, avvicendandosi, detti clienti, di norma, non sono destinatari dei medesimi fonogrammi, segnatamente di quelli radiodiffusi.   Inoltre, un dentista che diffonde fonogrammi in presenza dei suoi pazienti, quale musica di sottofondo, non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento, unicamente in virtù di tale diffusione, della clientela del proprio studio, né aumentare il prezzo delle cure prestate. Ne consegue che siffatta diffusione non è idonea, di per sé, ad incidere sugli introiti di tale professionista.
I clienti di un dentista, infatti, si recano presso uno studio medico dentistico unicamente allo scopo di essere curati, giacché una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure dentistiche. È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che detti clienti godono dell’accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di trattamento ricevuto. In siffatto contesto non si può presumere che la normale clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui trattasi. Ne deriva che una diffusione del genere non riveste carattere lucrativo e un dentista, come quello di cui alla controversia principale, che diffonde gratuitamente fonogrammi nel suo studio a favore dei suoi clienti, i quali ne fruiscono indipendentemente dalla loro volontà, non effettua una «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art.8, paragrafo 2, della direttiva 92/100 ed il requisito affinché una remunerazione equa sia versata dall’utente, ossia che quest’ultimo effettui una «comunicazione al pubblico» ai sensi della succitata disposizione, non è soddisfatta in tale situazione e siffatta diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici.
Pertanto ciò vale anche per tutti gli studi professionali e non solo per i dentisti.

Nessun commento:

Posta un commento