Servizio sociale, sanitario e dintorni Diritto, economia, gestione e formazione continua del servizio sociale in rapporto con il diritto e l'economia sanitaria. Se il diritto è vasto, cercherò di dare - a spizzichi e bocconi - elementi per un disegno unitario del servizio sociale e del suo disegno organizzativo
lunedì 19 marzo 2012
Responsabilità professionale. Cgil: "Obbligo per le Asl di assicurare medici ed operatori"
La proposta CGIL sulla Responsabilità Professionale per il tavolo tecnico OOSS – Ministero della Salute e alcune osservazioni critiche
Il cittadino dovrebbe avere la consapevolezza che il medico e i professionisti sanitari hanno il dovere di mettere in atto in modo appropriato quanto è patrimonio scientifico comune ma questo non sempre
può portare alla guarigione. Questo in quanto la prestazione medica è un'obbligazione di mezzi (io professionista porto la mia opera allo stato dell'arte ed eseguo la prestazione con la diligenza propria del buon padre di famiglia).
Un problema che ormai non riguardano più solo i medici ma anche gli altri operatori sanitari, dagli psicologi agli infermieri, dai biologi ai fisioterapisti, fino agli stessi tecnici.
E' prevedibile una progressiva rinuncia ad assumersi ogni responsabilità clinica per il timore di incorrere in errore o, comunque, a richieste risarcitorie. Sul punto questa era la convizione della classe medica all'inizio del secolo scorso, prima che si realizzasse la tutela ordinistica. L'uomo di scienza non si deve preoccupare degli eventuali danni apportati dalla sua opera, perché ciò distrae la concentrazione e il bene filantropico verso l'umanità che invece deve essere grata (cfr: A. Lonni, I professionisti della salute. Monopolio professionale e nascita dell'Ordine dei medici (XIX e XX secolo, Franco Angeli). Ma ciò dicono - anche attualmente - i magistrati.
Non solo per scelte terapeutiche pur effettuate in tutta scienza e coscienza, ma anche per responsabilità e carenze di tipo organizzativo-gestionale che non devono più scaricarsi sugli operatori.
Sempre di più le aziende tendono a rifarsi sulle professioni sanitarie, anche con transazioni arbitrarie effettuate senza avvisare le professioni stesse, salvo poi chiedergli la restituzione di quanto pattuito.
Vanno invece restituite certezze al medico ed alle professioni sanitarie che vanno sempre preventivamente informati dalle aziende. In generale la responsabilità professionale è un sistema da cambiare, tenendo fermo il diritto al giusto risarcimento dei cittadini vittime di errori sanitari.
L’onere di provare la colpa del danneggiante - che secondo gli artt. 2043 e 2697 c.c. incombe sul danneggiato - in tema di responsabilità dei professionisti sanitari negli ultimi anni è stato
sostanzialmente invertito, tant'è che la Corte di cassazione in tema di responsabilità medica è pervenuta ad una vera e propria evaporazione del nesso di causalità materiale.
Un sistema così concepito non è più un sistema di responsabilità per colpa ma un sistema di responsabilità “di posizione”, dove il sanitario finisce per rispondere dell’insuccesso
dell’intervento per il solo fatto di rivestire la qualifica di sanitario.
Per questo la CGIL chiede che il medico e le professioni sanitarie che comunque devono continuare a pagare tutti gli errori riconosciuti in ambito penale, siano trattati in ambito civile così come tutti gli altri professionisti che lavorano al di fuori del sistema sanitario (a partire dagli avvocati e dagli stessi magistrati che pur se condannati per colpa grave hanno un tetto di 30mila euro al dovuto risarcimento per rivalsa da parte dello Stato).
Per questo sarebbe necessaria, a vantaggio di tutti, una normativa che ristabilisca principi di buon senso nella individuazione delle responsabilità in ambito sanitario, migliorando anche i percorsi di risarcimento dei cittadini, senza implementare le strumentalizzazioni di studi legali a danno di tutto il sistema. Una nuova normativa che ristabilisca il principio della necessità dell'esistenza del rapporto di causa ed effetto anche nella responsabilità professionale sanitaria, compresi i casi di omessa informazione, nella certezza processuale.
L'obbligo dell’assicurazione per responsabilità professionale dovrebbe ricadere solo sui chi svolge la libera professione. La CGIL ha già espresso la contrarietà a norme che costringono i medici e gli altri professionisti sanitari ad assicurarsi ma non le strutture, chiedendo un intervento regolatore delle dinamiche dei premi da parte delle assicurazioni, impedendo clausole vessatorie
E sin qui, con i dovuti distinguo ricostruttivi, a sommi capi, si può essere d'accordo.
Si dovrebbe ristabilire l’obbligo per le Aziende a farsi carico di stipulare i contratti per la copertura della colpa grave dei propri dirigenti ed operatori, con i premi ovviamente a carico dei dipendenti (principio già previsto dai contratti di lavoro ma contestato in modo sbagliato e dannoso dalla Corte dei Conti).
Proposta sensata: con premi a carico dei dipendenti.
Si dovrebbero prevedere gare regionali per un contratto unico valido su tutto il territorio per consentire un notevole risparmio per le amministrazioni e garantire uguali tutele per tutti i dirigenti del servizio sanitario regionale. Altra proposta sensata.
Andrebbe prevista la partecipazione delle organizzazioni sindacali nel percorso di definizione dei contratti assicurativi da parte delle aziende insieme al broker.
Ma questo compito non spetta ai sindacati, anche perché ciò sarebbe un'indebita espansione delle competenze dei sindacati.
Andrebbe ridefinita la tempistica delle possibilità di richiesta di risarcimento con tempi appropriati e dando certezze ai medici e ai cittadini. Va, infine, implementato il Risk Management, adeguatamente supportato dalla stessa azienda, per ridurre la malpractice e incidere in modo virtuoso sul premio assicurativo.
Marco Quadrelli
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