La terza sezione
della Corte di Giustizia Ce ha pronunziato la sentenza 15.3.2012 nella causa
C-135/10 tra Società Consortile Fonografici (SCF) v. Marco Del Corso.
La domanda di
pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 8, paragrafo 2 direttiva
92/100/CEE del Consiglio, del 19.11.1992, concernente il diritto di noleggio,
il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in
materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61), e
dell’art.3 direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22.5.2001,
sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti
connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10).
Tale domanda è stata
proposta nell’ambito di una controversia fra la Società Consortile Fonografici
(SCF) e il sig. Del Corso, dottore in chirurgia dentistica,
relativamente alla radiodiffusione, nello studio dentistico privato del
medesimo, di fonogrammi oggetto di protezione.
Secondo il parere di
chi scrive questa nota, la sentenza assume rilevanza nel merito per quanto
riguarda sia i dentisti che per esteso per quanto concerne gli studi
professionali..
Le disposizioni
normative su cui verte la causa sono quelli inerenti i concetti di “comunicazione al pubblico” e il relativo
diritto a un equo compenso per la radiodiffusione e la comunicazione al
pubblico e dei “fini commerciali”del
fonogramma in tal modo eseguito.
Per quanto di nostra
competenza, la difesa del convenuto obiettava l’inapplicabilità al caso
specifico degli artt.73 e 73 bis lda, in quanto riferibili alle comunicazioni
al pubblico avvenute nei pubblici esercizi e in occasione di qualsiasi altra
pubblica utilizzazione di fonogrammi. Orbene, a differenza degli ambulatori del
servizio sanitario pubblico, uno studio dentistico privato non può essere
qualificato come esercizio pubblico.
Inoltre il giudice
nazionale (Tribunale di Torino) con ordinanza 16.5.2008 e sentenza 20.3.2008
rigettava la domanda attrice, ritenendo
che, nella fattispecie, fosse esclusa la comunicazione a scopo di lucro, che il
tipo di musica diffusa nello studio fosse totalmente irrilevante nella scelta
operata dal paziente e che la situazione non rientrasse fra quelle ipotizzate
dall’art.73 bis lda, in quanto lo studio medico dentistico era privato e come
tale non assimilabile ad un luogo pubblico o aperto al pubblico, atteso che i
pazienti non costituivano un pubblico indifferenziato, ma erano singolarmente
individuati e potevano accedervi normalmente previo appuntamento e, comunque,
su consenso dell’odontoiatra.
Nell’appello
dell’attrice veniva sostenuto che sussistono dubbi riguardo alla circostanza se
la diffusione di fonogrammi all’interno di studi di liberi professionisti, come
quelli dentistici, sia inclusa nella nozione di «comunicazione al pubblico», la Corte d’appello di Torino ha
deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di Giustizia Ce, - per
ciò che ci concerne - le questioni pregiudiziali in ordine alla diretta
applicabilità nell’ordinamento comunitario della convenzione di Roma, dell’Accordo TRIPs e del
Trattato [WPPT] e quindi siano immediatamente precettive nei rapporti privati
perché coincidenti o meno con la nozione
di “comunicazione al pubblico” con le direttive [92/100] e [2001/29], e in caso
negativo quale fonte debba prevalere.
Inoltre se la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno
di studi odontoiatrici privati esercenti attività economica di tipo
libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita
indipendentemente da un proprio atto di volontà, costituisca “comunicazione al
pubblico”, ovvero “messa a disposizione del pubblico” ai fini dell’applicazione
dell’art.3 paragrafo 2, lett. b) direttiva [2001/29] e infine se tale attività
di diffusione dia diritto alla percezione di un compenso in favore dei
produttori fonografici».
Il Giudice
comunitario ha ricordato che l’Accordo TRIPs e il WPPT sono stati sottoscritti
a livello comunitario ed approvati con le decisioni 94/800 e 2000/278, vincolando
le istituzioni comunitarie e gli Stati membri, come da costante giurisprudenza
della Corte, (30.4.1974, Haegeman, 181/73, Racc. pag. 449,
punto 5; 30.9.1987, Demirel, 12/86, Racc. pag. 3719,
punto 7, e 22.10.2009, Bogiatzi, C‑301/08, Racc. pag. I‑10185,
punto 23) e sono pertanto applicabili nel suo ambito. Ciò non vale per le disposizioni della
Convenzione di Roma, che quindi non formano parte dell’ordinamento giuridico comunitario.
Relativamente alla
questione concernente alla possibilità per i privati di avvalersi in modo
immediato delle disposizioni dell’Accordo TRIPs e del WPPT, , non è sufficiente
che le disposizioni in parola facciano parte dell’ordinamento giuridico comunitario,
ma occorre che esse appaiano, dal punto di vista del loro contenuto,
incondizionate e sufficientemente precise e allorché non siano subordinate, nel
loro adempimento o nei loro effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore. Ulteriormente,
gli accordi TRIPs non hanno efficacia diretta e non sono idonee a creare in
capo ai privati diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al
giudice ai sensi del diritto comunitario, perché con riferimento al WPPT è
necessario osservare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, esso prevede
che le parti contraenti si impegnano ad adottare, conformemente alla propria
legislazione, i provvedimenti necessari per l’applicazione del trattato stesso,
pertanto non sono idonee a creare in capo ai privati diritti che questi possano
invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi di tale ordinamento
giuridico.
Riguardo alla
questione relativa ai rapporti fra le nozioni di «comunicazione al pubblico» presenti, da un lato, nell’Accordo
TRIPs, nel WPPT e nella Convenzione di Roma nonché, dall’altro, nelle direttive
92/100 e 2001/29, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza
della Corte, le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere
interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in
particolare quando tali testi siano diretti, precisamente, ad eseguire un
accordo internazionale concluso dalla Comunità.
Venendo al punto che
ci interessa, occorre osservare che non si tratta di trasmissione interattiva
on-demand e neppure a fini commerciali, tanto meno in cambio del pagamento di
un biglietto d’ingresso da parte dei suoi pazienti. Riguardo all’importanza del numero delle
persone per le quali il dentista rende udibile il fonogramma diffuso, si deve
constatare che, trattandosi dei clienti di un dentista, tale pluralità di
persone insignificante, dal momento che l’insieme di persone simultaneamente
presenti nel suo studio è, in generale, alquanto ristretto. Inoltre, benché i
clienti si succedano, ciò non toglie che, avvicendandosi, detti clienti, di
norma, non sono destinatari dei medesimi fonogrammi, segnatamente di quelli
radiodiffusi. Inoltre, un dentista che diffonde fonogrammi
in presenza dei suoi pazienti, quale musica di sottofondo, non può
ragionevolmente aspettarsi un ampliamento, unicamente in virtù di tale
diffusione, della clientela del proprio studio, né aumentare il prezzo delle
cure prestate. Ne consegue che siffatta diffusione non è idonea, di per sé, ad
incidere sugli introiti di tale professionista.
I clienti di un
dentista, infatti, si recano presso uno studio medico dentistico unicamente
allo scopo di essere curati, giacché
una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure
dentistiche. È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che
detti clienti godono dell’accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento
in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di
trattamento ricevuto. In siffatto contesto non si può presumere che la normale
clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui
trattasi. Ne deriva che una diffusione del genere non riveste carattere
lucrativo e un dentista, come quello di cui alla controversia principale, che
diffonde gratuitamente fonogrammi nel suo studio a favore dei suoi clienti, i
quali ne fruiscono indipendentemente dalla loro volontà, non effettua una
«comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art.8, paragrafo 2, della direttiva
92/100 ed il requisito affinché una remunerazione equa sia versata dall’utente,
ossia che quest’ultimo effettui una «comunicazione al pubblico» ai sensi della
succitata disposizione, non è soddisfatta in tale situazione e siffatta
diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei
produttori fonografici.
Pertanto ciò vale
anche per tutti gli studi professionali e non solo per i dentisti.
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